Belvedere Marittimo

Belvedere Marittimo (CS)

 

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Dai ritrovamenti del passato si deduce che nel periodo Brutio gli insediamenti sono stati agricoli mentre il commercio via mare si è sviluppato nel periodo romano.
Un lieve aumento degli insediamenti si è avuto nei secoli V° – VII° d.C. con i Bizantini che consideravano piu’ sicuro il colle con le grotte (S.Lucia) e non la marina, ritenuta anche non salubre.
Dopo i conflitti dei Bizantini con i Longobardi e le incursioni saracene si ha l’occupazione Normanna (1100 – 1154) e si assiste alla nascita di un piccolo borgo attorno ad una prima roccaforte, trasformata poi in un vero Castello con gli Aragonesi (1490).

Gli albori dell’urbanizzazione di Belvedere risalgono all’edificazione della roccaforte sulla parte piu’ alta di una roccia a 150 metri s.l.m.. I Normanni, subito dopo l’incontro di Melfi tra Niccolo’ II° e Roberto il Guiscardo, ebbero via libera nella conquista della Calabria, procedendo alla fortificazione di rocche naturali come Scalea, Sangineto, Fuscaldo e Fiumefreddo.
I Normanni, giungendo sul colle, edificarono dapprima la fortezza sul costone presso le localita’ S.Lucia, Spano e Porta di Mare per motivi di difesa.
Il Castello prende nome da Ruggero il Normanno, conte di Sicilia (1031 – 1101) che aiuto’ il fratello Roberto il Guiscardo nella conquista della Calabria.
L’insicurezza determinata dalle invasioni gli fece preferire un posto fortificato e strategico, punto di riferimento dell’organizzazione militare, amministrativa e politica del luogo.
Attorno al Castello vennero in seguito costruite, quasi cercando protezione e difesa, le prime case.

Dopo la caduta dei Normanni (1198) Carlo d’Angio’, divenuto Re di Sicilia nel 1266, volle premiare nel 1269 coloro che lo avevano servito nell’acquisto dei Reami di Napoli e Sicilia, dando cosi’ a Giovanni di Monforte il comando di Squillace e Gerace in Calabria e, quando la Sicilia fu occupata da Pietro d’Aragona, alcuni domini nella provincia di Cosenza tra cui il castello di Belvedere.

 

Mentre ai Normanni va il merito di essere stati i primi ad iniziare a popolare Bellumvedere, con gli Angioini il territorio ha avuto una rilevanza strategica, divenendo “terra fortificata” fino alla metà del quattrocento. Da Giovanni di Monforte, che lo ebbe come premio da Carlo d’Angiò nel 1269, il castello passò a Simone di Monforte e poi a Ruggero di Sangineto, fedele a Carlo d’Angiò che lo restaurò nel 1287, passando poi al figlio Filippo di Sangineto, conte di Altomonte, che lo tenne dal 1309 al 1333.
Eroica è stata la difesa del castello nel 1289 da parte dello stesso Ruggero contro gli attacchi di Giacomo d’Aragona. Il primo assalto fu tentato nella contrada detta oggi “Moscarello” e “Porta di Mare”, ove vennero precipitati dall’alto delle mura circa duecento assalitori aragonesi e vennero piantati due pali a cui Re Giacomo d’Aragona fece legare, una volta fatti prigionieri, i due figli di Ruggero.
Durante l’assedio Giacomo d’Aragona, pur di far cessare la resistenza degli assediati, fece ricorso all’espediente di legare i due figli del Sangineto, prigionieri, a delle macchine guerresche d’avanguardia; Ruggero di Sangineto non concesse pero’ tregua e, posponendo la vita dei figli all’onore della Patria, ordinò che si continuasse a combattere.

Nella lotta uno dei due giovani mori. Re Giacomo, sorpreso ed ammirato di tanta forza d’animo e di tanta virtù del Sangineto, rinunziò all’impresa, tolse l’assedio, restituì a Ruggero il corpo dei giovanetto e libero’ l’altro figlio sopravvissuto. Sulla torre maestra, sul centro della facciata rivolta a ponente, è ancora visibile lo stemma dei d’Angiò.

 

Il centro storico rappresenta una meta importante per comprendere gli usi ed i costumi del popolo belvederese attraverso dieci secoli di storia. I nuclei abitativi sorsero inizialmente intorno alle chiese di San Nicola Magno, demolita a meta’ novecento, S.Giacomo Apostolo il Maggiore, denominata comunemente “del Rosario”, la “Chisiella”, di cui resta un rudere e Santa Maria al Seggio, oggi Santa Maria del Popolo.

Sotto gli Angioini Belvedere era gia’ delimitata da una cinta muraria con due aperture dette “porte”.

Per accedere alla zona abitata l’entrata era costituita dall’apertura detta “Porta di Mare” che permetteva l’uscita per accedere verso la marina, costituendo cosi’ l’avanposto per l’avvistamento dei pericoli provenienti dal mare.

Nella localita’ “Porta di Mare”, da cui si domina tutta la costa del Golfo di Policastro, esistono ancora resti di mura e di colonne in pietra che sostenevano i locali del corpo di guardia, nonché la buca scavata nella roccia che serviva per la bollitura dell’olio in caso di difesa.

L’altra apertura era la “Porta degli Orti” che costituiva l’ingresso per chi era dedito alle attivita’ rurali, dando accesso alle campagne ed alle proprieta’ feudali. Nel momento in cui era molto sviluppata la vita economica, grazie al commercio verso Napoli, andava concludendosi la signoria dei Sangineto, fedeli agli Angioini. A Filippo di Sangineto subentro’ Filippo II° (1352?1387) successivamente Francesco Sangineto e poi Giovanni Sangineto fino al 1380.

 

I feudi di casa Sangineto passarono a Venceslao Sanseverino in quanto portati in dote dalla moglie Margherita Sangineto nel 1382. Nel 1404 subentro’ il figlio Ruggiero Sanseverino e nel 1433 il nipote Antonio. Nel 1439 Belvedere fu distrutta dagli Aragonesi perché governava Antonio Sanseverino, fedele agli Angioini. In quegli anni non ci furono coltivazioni e pascoli.

Nel 1459 il feudo di Belvedere ando’ a Luca Sanseverino avendo dichiarato fedelta’ a Re Ferrante d’Aragona (in foto) e nel 1472 a Gerolamo Sanseverino.

Nel 1490 avvenne la definitiva conquista del castello da parte degli aragonesi e Re Ferdinando d’Aragona, nella parete accanto alla torre maestra, fece apporre una larga pietra rettangolare sostenuta da due putti con lo stemma aragonese.

Dal 1488 al 1492 Belvedere venne amministrata da Paolo Sersale da Sorrento, su incarico di Re Ferdinando d’Aragona (in foto),   il quale la proclamo’ “Citta’ ” il 25 ottobre 1488. Tale titolo fu poi confermato dall’imperatore Carlo V°, Re di Spagna e d’Austria, il 7 agosto 1543. La dinastia dei Sanseverino continuò con bernardino Sanseverino (1494 – 1515) Pietro Antonio Sanseverino (1515-1539) e Nicolò Bernardino Sanseverino (1539-1576)

 

Mentre la parte angioina è rappresentata dalle porte “degli Orti” e “di Mare”, con l’arrivo degli Aragonesi furono aperte le altre due porte, “Porta del Fosso o del Principe” e “Porta della Piazza”, sviluppandosi quella parte di territorio che dava accesso al castello. “Porta del Fosso” rappresentava la via d’accesso alla casa del Principe.

Tra questa porta ed il castello c’era un fossato ed un ponte levatoio ancora visibile.

“Porta della Piazza” immetteva fuori le mura ed era divenuta la maggiore entrata. “For’a'porta” è ancora oggi la frase che si sente dire per indicare il luogo dove si è soliti ritrovarsi. Il portone di legno di quercia nel 1830 esisteva ancora.

Dove oggi vi è la Chiesa Madre o di “Santa Maria del Popolo”, vi era una spianata che nel 1700 si chiamava “Piazza S. Maria del Popolo”, con il seggio, sede dell’antico “Parlamento” belvederese. Ancora visibile uno dei sedili in pietra, luogo degli incontri e delle discussioni. La porta introduceva anche nella zona del mercato medioevale e delle antiche botteghe artigiane fino alla piazzetta antistante la Chiesa di “S.Giacomo Apostolo” o “Madonna del Rosario”.

 

Belvedere fu assegnato nel 1622 a Tiberio Carafa, primo Principe di Belvedere, unitamente al casale di Diamante, trasformato nel tempo in borgo rurale. Nel 1654 gli successe il nipote Ottavio Carafa.

Questi gli altri Principi: dal 1667 al 1706 Francesco Maria I° Carafa, dal 1720 al 1764 Francesco Maria II° Carafa; il figlio Carlo Carafa fino al 1787 ed il nipote, Francesco Maria III° Carafa fino al 1805.
Subentrò Marino Carafa al quase seguì l’ultimo Principe, Vainden Einden Carafa che morì nel 1830.

Tra il 500’ e il 700’, vennero edificate le “case palazziate”, separate dal muro di cinta del castello da pochi metri di terrapieno, caratterizzate da una “solenne scala nobile”, da una corte interna, a cielo aperto, contorniata da archi, con stanze, chiuse a “fortezza” e terrazzi interni con la vista del mare.

Dopo i Carafa, il castello in stato di abbandono e tutto il patrimonio feudale, vennero posti in vendita. Anche le “case palazziate” vennero acquistate dalla nobiltà del luogo, ben conservate ancora oggi dagli attuali proprietari. In quei tempi il commercio era in crisi, resistevano,soltanto le produzioni di olio, vino e fichi. Vennero istituite scuole private per i figli maschi delle famiglie nobili ed il sindaco divenne la prima autorita’.

Con l’Unità d’Italia (1861) inizia, anche per Belvedere, una nuova era.

 

 

I belvederesi non dimenticano una data storica, il 7 ottobre 1571 (battaglia di Lepanto), che rappresenta l’eroismo di un umile ma ardimentoso concittadino, il marinaio Cecco Pisano. Quel giorno, a Lepanto, nel Golfo di Patrasso, i Cristiani sgominarono i Turchi.

Una parte importante del successo fu attribuita al coraggioso esploratore belvederese, ricordato in una lapide posta in Belvedere Marittimo il “VII ottobre MCMXX”. Mancava alla Spagna ed ai Cristiani un buon nocchiere, un marinaio che conoscesse bene le vie del mare in pace e in guerra.

Avendo avuto una piccola imbarcazione affinchè esplorasse tutte le coste e spiasse le mosse della flotta nemica, il Pisano, per poter riferire ai suoi superiori notizie precise circa il numero e la posizione dei nemici, scese arditamente a terra e, nascostosi dietro una rupe affacciantesi sul mare, ebbe la cognizione completa della flotta avversaria.

A chi chiedeva il numero delle forze avversarie rispondeva, affinchè desse maggiore coraggio per la buona riuscita dell’impresa, che esse erano di molto inferiori a quelle Cristiane.

All’alba del 7 ottobre i Cristiani, alla testa dei quali vi era Cecco Pisano, imboccarono il Golfo di Lepanto e nonostante l’inferiorita’ numerica combatterono per tutta la giornata distruggendo le forze nemiche e costringendo i pochi superstiti turchi alla ritirata. Il belvederese Cecco Pisano si copri’ di gloria combattendo a fianco di Marcantonio Colonna che rimase ammirato dal suo coraggio e lo promosse “ammiraglio” sul campo di combattimento.

 

Nato a Belvedere Marittimo nel 1864, laureatosi in legge ed in lettere presso l’Università di Napoli, esercitò’ la professione di avvocato penalista, fu professore di diritto e procedura penale presso l’Università di Napoli.
Si distinse per la sua dottrina ed eloquenza.
Pubblicò tante opere di diritto e di letteratura (un trattato sulla Divina Commedia, un commento ai Sepolcri di Foscolo), “l’eta’ del bronzo nella Calabria” ed una “dissertazione sopra un sepolcro di Belvedere Marittimo in contrada Galiso”, rinvenuto tra il 1886 ed il 1890.
“Giungemmo sul piano della collina Galiso ? scrive l’Amellino ? dove il proprietario del fondo, il Sac. Don Gaspare Perez, volendo fare una piantagione di viti, ordinò ai suoi operai che si rimuovesse il terreno, sparso di erbe parassite. Scavando apparvero cinque tombe, ben conservate e chiuse, disposte in fila. Infrangendo queste tombe apparvero scheletri e vasi di fine lavoro, anfore, un coltello di selce, un oggetto di bronzo e rame lungo centimetri otto ed alcuni dischetti in bronzo”.
Morì in giovane eta’ nel 1918 a Napoli. A lui è stata intitolata la piazza principale del centro storico

 

Belvedere, denominato in passato anche “Belvederium” ,

“Belloviderium” e “Belviderio” ha avuto l’aggiunta dell’aggettivo “Marittimo”

, nel 1863, per la necessita’ di poter essere distinto da altri centri di nome analogo.

Non esistono documenti per poter stabilire in modo certo le origini, ma solo ipotesi da parte degli studiosi (1631 Petrellis). Belvedere non va considerata l’antica Blanda Julia, centro soltanto amministrativo e giudiziario dalle ridotte dimensioni, ubicato in un territorio a prevalente vocazione rurale, definita “oppidum” da Plinio, espugnata da Fabio Massimo nel 216 a.C., in quanto scavi archeologici effettuati da parte della Soprintendenza Archeologica calabrese, hanno riportato alla luce Blanda nel territorio di Tortora.

Significativi corredi funerari della necropoli di S. Brancato e reperti dell’abitato di Palecastro sono esposti a Tortora nel museo civico nel Palazzo Casapesenna.

E’ certo che ci siano stati insediamenti gia’ nell’eta’ del bronzo finale (X°? IX° sec. a.C.) in quanto, nel  1886  è stata ritrovata lungo il fiume Soleo in localita’ Oracchio un’ascia in bronzo appartenente ad una popolazione preistorica.

Tutti gli altri reperti archeologici, fedelmente riprodotti dal Museo della Memoria Storica “Citta’ di Belvedere Marittimo”, sono ascrivibili a sepolture brettie, databili tra il IV° ed il III° sec. a.C.. I Romani tra I° ed il III° sec. d.C. hanno dato luogo ad insediamenti per lo sfruttamento del terreno.

L’edificazione del castello, da parte di Ruggero il Normanno (1031?1101), sulla roccia, onde evitare pericolose invasioni, fa risalire in modo certo agli albori dell’urbanizzazione.

E proprio il castello a cui è legata la storia di Belvedere è citato come “Bellumvedere” nella Tassatio Angioina risalente al 1276.

 

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a cura del

 

Attraversato dai corsi d’acqua Soleo, Vallecupo e Gafaro, posto tra le prime propaggini della catena costiera ed il massiccio del Pollino a ridosso del Mar Tirreno, presenta una superficie complessiva di 37,22 chilometri quadrati. Il Monte Stumbo, la Montea (m. 1785) ed il Monte La Caccia (m. 1744) costituiscono una barriera adagiata alle spalle del Capoluogo che sorge su una collina a 150 metri sul livello del mare dal quale dista in linea d’aria circa 700 metri.

Belvedere Marittimo si estende sulla costa dalle localita’ “Serluca Calabaja” (a sud) a “Santa Litterata” (a nord), con a centro “Capo Tirone”. Numerose le frazioni, alcune ad alta intensita’ abitativa tra cui: Santa Litterata, Palazza, Olivella, Oracchio, S.Andrea, Livorni, Rocca, Fontanelle, Laise, Pantaide, San Nicola, Petrosa, Trifari, Malafarina, Trigiano, Quattromani e Santoianni.

Il centro storico conserva tutte le caratteristiche del borgo medioevale, con palazzi, vicoli e porte e domina un ampio panorama montuoso e marino.

 

Si racconta che Pietro Metastasio (1681/1782) compose i suoi versi: “Ovunque il guardo giro immenso Dio ti vedo…” visitando il Castello ospite del Principe Francesco Maria I° Carafa.

   

 

.Con l’approvazione del piano regolatore generale (1988), l’assetto urbano ha subito notevoli trasformazioni,
sviluppandosi in particolar modo la località Monti e l’area urbanizzata costiera. Belvedere Marittimo,
oltre che “balneare”, è anche un comune “montano”, rientrando nel territorio del “Parco Nazionale del Pollino”.
Lo sviluppo della frazione Marina, che da semplice borgata è divenuta una vera e propria cittadina, ha avuto inizio negli anni cinquanta.

 

Nel corso degli ultimi due secoli si sono avuti , nel territorio di Belvedere Marittimo, importanti ritrovamenti che hanno portato alla luce una serie di beni archeologi, visibili oggi presso il Museo della Memoria Storica “Citta’ di Belvedere Marittimo” in Via Castel Ruggiero, dove si trovano le riproduzioni conformi agli originali, realizzate dai maestri Pasquale Capano e Giuseppina Veneruso. Gli originali si trovano, ancora, presso il Museo Civico di Cosenza, nei depositi del Museo di Reggio Calabria e nei magazzini dell’ufficio scavi di Sibari. Lo storico Giovanni Amellino, tra il 1886 ed il 1890, fece delle pubblicazioni sulle sepolture ed i relativi corredi scoperti in quegli anni lungo il fiume Soleo presso il pianoro “Galiso” in localita’ Oracchio, che dimostrano che nel nostro territorio era presente una popolazione preistorica (X°  – IX° sec. a.C.).

Nel VII° sec. a. C. si ha una migrazione brutia sulle colline a ridosso del Monte La Caccia. Si tratta di microinsediamenti nelle aree rurali dove gli abitanti erano pastori o agricoltori, con coltivazioni di uva (all’epoca principale prodotto agricolo del territorio belvederese) o dediti alla fabbricazione del cotto e di tegoloni, anfore e orci. La Marina era luogo di imbarco e di transito per ogni spostamento. Negli anni cinquanta, durante i lavori, nella frazione Marina, per la costruzione della chiesa in localita’ “Capo Tirone”, è stata rinvenuta una sepoltura femminile con vari oggetti di corredo che evidenziano aree di addensamento di eta’ arcaica classica ed ellenistica.

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Negli anni ottanta, in localita’ Pantana, durante i lavori per la costruzione di una strada di collegamento con Trifari, è stata scoperta una tomba, relativa a frequentazioni Brettie (IV° – III° sec. a.C.), con corredo, tra cui un cratere a campana a figure rosse con satiro seduto su una roccia ed una figura femminile. A Trifari, in particolare, sono venuti alla luce resti di una struttura di tipo abitativo (muri di pietre fluviali e parti di tegole legate con un terreno argilloso). Agli inizi degli anni novanta scoperte di ceramiche arcaiche (frammenti a vernice nera ed acroma, frammenti di laterizi, di tegole piane con bordo bombato, di coppi) sono state effettuate in localita’ S. Ianni, con presenza di resti di strutture di una fattoria di epoca ellenistica.

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Sul finire del XX° secolo in localita’ S.Giorgio è stato rinvenuto un antico palmento con “locus vinarius” di tradizione romana, deputato al frangimento dell’uva. Al confine nord del territorio di Belvedere, nei pressi dell’incrocio con la strada comunale per Quattromani, sono stati messi in luce nel 1999 alcuni tratti di un muro di terrazzamento e strutture murarie di rinforzo. L’insediamento riguarda una villa romana (I – III sec.d.C.).